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È vero che le pratiche ad alto contatto rendono i bambini più sicuri e autonomi?

In alcune culture del centro-sud America e dell’Africa i bambini condividono con i genitori, ed in particolare con la madre, quasi tutti i momenti della quotidianità a partire dal dormire e dal mangiare. Qui i bambini sono abituati ad essere allattati a lungo e dormono insieme ai genitori e altri fratelli. Non esistono rituali dell’addormentamento, così come accade nei paesi occidentali, e raramente i bambini piangono di notte. Le tribù che vivono a contatto con la natura spiegano che i bambini apprendono dalla nascita che di notte è opportuno far silenzio per non attirare animali feroci.

Nei paesi industrializzati, in particolare in America, in cui le madri in media tornano al lavoro 12 settimane dopo il parto, le teorie sull’accudimento insistono molto sull’importanza di far dormire i bambini in un luogo separato dai genitori, possibilmente tutta la notte. Sostengono poi di offrire ai bambini anche molto piccoli occasioni di socializzazione al di fuori della famiglia, così come di iniziare lo svezzamento quanto prima, in alcuni casi già a partire dal quarto mese.
Queste teorie danno la possibilità di sperimentare forme di autonomia e di emancipazione a partire dalla nascita, in vista del precoce distacco che la coppia madre-bambino affronterà con il ritorno al lavoro della madre.

Nelle culture cosiddette ad alto contatto, il distacco dei bambini dalle proprie figure di riferimento avverrà in modo fluido e dilazionato nel tempo, anche perché i bambini sono concepiti come figli di tutta la comunità. Un detto africano dice che i bambini sono come un tetto: per tenerlo in piedi ci vogliono tante mani. È della comunità, infatti, il compito di prendersi cura della coppia madre-bambino a partire dalla nascita, il che rende profondamente diverso il concetto di distacco e affidamento a sconosciuti che avviene nelle strutture educative della primissima infanzia in occidente.

Negli ultimi anni, però, anche in occidente alcune teorie sullo sviluppo dei primi anni di vita hanno attinto dalle usanze delle culture ad alto contatto: dall’allattamento prolungato al co-sleeping,

dall’autosvezzamento al portare in fascia, fino al togliere il pannolino poco dopo la nascita.
L’idea alla base di queste teorie è che, quanto maggiore sarà il rifornimento affettivo e la cura nei primi anni di vita, tanto maggiore sarà in questi bambini la sicurezza e la fiducia in sé stessi una volta che avverrà il distacco.

Intenzioni del tutto condivisibili dal momento che i bambini, poiché il loro sistema nervoso continua a crescere e svilupparsi anche dopo la nascita, hanno assolutamente bisogno di nutrimento affettivo. Sarà proprio questo nutrimento che permetterà loro di crearsi un’immagine interna rassicurante, che giungerà in aiuto negli eventi stressanti come il distacco dai propri genitori.

Tuttavia, mi capita spesso di incontrare in studio o in sala di psicomotricità bambini che hanno ricevuto un’educazione ad alto contatto ma che, nonostante questo, mostrano molta difficoltà nei momenti del distacco e non hanno quella sicurezza necessaria per affrontare i cambiamenti, in particolare: le separazioni dai genitori; insomma bambini che Bolbwy definirebbe con un attaccamento insicuro.

Perché quindi processi di accudimento che dovrebbero far crescere bambini sicuri di sé in realtà spesso (anche se non sempre) producono l’effetto opposto? Perché in alcune comunità osservate, dove si promuove un’educazione ad alto contatto, i bambini non fanno capricci? Perché in occidente bambini cresciuti nel letto di mamma e papà, prendendo il seno fino a tre anni e portati in fascia, i capricci li fanno lo stesso?

Per rispondere a questa domanda ho letto i reportage di antropologi e di psicologi culturali sulle teorie sull’accudimento nei primi anni di vita nelle società non industrializzate, società dove appunto è proposto un accudimento ad alto contatto, messe a confronto invece con teorie sull’accudimento a basso contatto delle società industrializzate.

Ho potuto capire che le teorie che promuovono l’alto contatto sono state importate in occidente da culture che presentano caratteristiche endogene assolutamente diverse da quelle industrializzate. Differenze che vediamo in termini di occupazione femminile, caratteristiche di sostentamento, approccio alla religione e alla spiritualità, medicalizzazione del parto e mortalità infantile, solo per citarne alcune.

Fondamentalmente abbiamo importato il co-sleeping e l’autosvezzamento così come abbiamo importato lo yoga, il feng shui e il sushi. Abbiamo imparato a legarci la fascia porta enfant ad un corso a pagamento, non lo abbiamo imparato dalle nostre nonne. Abbiamo letto un libro sull’autosvezzamento e diamo ai nostri figli l’abbacchio a sei mesi, anche se noi siamo stati svezzati con il passato di verdura della nonna.

E se fare yoga in pausa pranzo in una giornata lavorativa di otto ore non potrà che portarci dei benefici, non si può fare lo stesso esempio sull’accudimento di un bambino.

Ad esempio,  abituare il bimbo ad essere sempre portato in fascia per poi doverlo inserire al nido a quattro mesi, vista la durata del congedo di maternità in Italia, potrebbe rendergli stressante  abituarsi alle nuove modalità di accudimento di un servizio educativo.

Ovviamente la contaminazione con altre culture è assolutamente una ricchezza: se Colombo non fosse andato in America, ora non avremmo i pomodori, il caffè e le patate!

Tuttavia, quando si tratta di accudire e crescere i vostri figli quello che veramente vi permetterà di aiutarli ad affrontare con sicurezza le sfide della vita, prima fra tutte sicuramente il distacco dalle figure di riferimento, sarà sicuramente aver scelto per loro delle pratiche di accudimento dove voi stessi per primi vi siete sentiti a vostro agio e sicuri.

Quando le mamme mi chiedo pareri sul co-sleeping, sull’autosvezzamento o sull’allattamento io dico sempre che nessuna teoria è giusta o sbagliata di per sé ma che insieme possiamo capire quale modalità possa essere la più funzionale a quella famiglia.

Dopotutto fra una famiglia e l’altra vi intercorre la stessa variabilità che fra un continente ed un altro. Non ci sarà mai nessuna teoria che possa essere adatta per tutte: contattami e troveremo la formula migliore per gestire questi primi mesi di cambiamenti.